“Din don! Il treno regionale viaggia con 25 minuti di ritardo. Ci scusiamo per il disagio”
Confessate. Quanti coloriti anatemi avete sospirato nei vagoni iperaffollati al mattino? E quante volte vi siete scoraggiati di fronte a una corsa soppressa? Del resto, essere pendolari è questo: ci si abitua alle condizioni più estreme, dal freddo polare degli scompartimenti-cella frigorifera in estate, ai tifoni subsahariani emessi dagli impianti di riscaldamento nel periodo invernale. I ritardi, poi, meritano un gigantesco, drammatico e, al contempo, esilarante capitolo a parte. Uno sguardo incredulo al tabellone, calcolatrice in una mano e astrolabio nell’altra, per avventurarsi in una serie di calcoli spericolati e riuscire a capire a che ora, finalmente, riusciremo a raggiungere casa!
“Tempus fugit” recita l’adagio. E come dargli torto! Con agende che esplodono, meeting programmati a tutte le ore del giorno e appuntamenti volanti schedulati tra una sessione di “deep work” e l’altra, ogni singolo minuto della nostra giornata è prezioso. Non c’è mindfulness che tenga: la vita da pendolare è un vero e proprio Ironman 24/7.
Ma lavorare in un posto lontano oppure spostarsi da una sede all’altra non deve necessariamente essere un “disagio”. Sono numerosi, infatti, i modi intelligenti per sfruttare la durata del tragitto. E, a proposito di intelligenza, noi “smart workers” siamo capaci di allestire in quattro e quattr’otto un mini-ufficio nei pochi centimetri quadrati del nostro sedile monoposto. Notebook, iPad o phablet, poco importa, la cosa fondamentale è avere una buona connessione a portata di ingresso USB! Dall’hotspot con il cellulare alle nano-stazioni con router incorporato, l’itinerario ottimizzato e performante è servito. TAC!
E senza voler fare troppo gli imbruttiti, il viaggio in treno può essere anche un semplice momento per riallinearsi con se stessi, organizzare la giornata o – molto più semplicemente – staccare: da quel monolitico volume di letteratura russa che si impolvera da ere geologiche sullo scaffale del soggiorno e con cui non avete mai avuto il coraggio di cimentarvi, all’ultimo chiacchieratissimo best-seller che infesta librerie e social, il “commuting” può essere un ottimo intervallo da dedicare alla lettura.
Non solo cultura, ma anche impegno per il sociale: quante volte vi sarà capitato di improvvisarvi psicoanalisti per risolvere i drammi esistenziali dell’anziana signora con cui stavate condividendo lo scomparto che, nella tratta casa-ufficio, è riuscita ad illustrarvi fino al più microscopico dettaglio tutto il secolare albero genealogico familiare, oppure schivare interminabili sedute di geopolitca e antropo-sociologia con il vicino di posto che vuole coinvolgervi in una frizzante lettura collettiva del quotidiano di turno. Ogni giorno è un’avventura dolceamara tra singolari passeggeri e chiacchiere fuggitive.
È proprio per questo che noi pendolari sviluppiamo una potentissima soft skill: la resilienza! Claustrofobico, in ritardo, soppresso: niente può spaventarci. Siamo capaci di adattarci a ogni condizione climatica, a qualsiasi sovraffollamento o di scapicollarci con tanto di scatto alla Usain Bolt per acciuffare l’ultimo treno ad orari improbi.
Che dire? Non ci resta che attendere l’inaugurazione dell’Hyperloop, i visionari tunnel targati Elon Musk o, fantascientificamente, una qualsiasi innovazione tecnologica che preveda il teletrasporto. Nel frattempo, continueremo a correre quotidianamente sulle strade ferrate di tutta Italia, alla stregua di ipertecnologici Indiana Jones, sempre equipaggiati di PC e wi-fi portatile.
E, ovviamente, armati di zen karmico e pazienza sconfinata. Almeno fino al prossimo “ci scusiamo per il disagio”!